La crescita programmatica centrerà nel 2023 l’1% e il deficit si attesterà al 4,5%. Sono queste le nuove stime del Governo che nel Def ipotizzerà uno scenario tendenziale che vede il Pil allo 0,9% e il deficit al 4,35%. Per il 2024 il Pil, sempre nel quadro programmatico, sarà più corposo (+1,4%) e l’indebitamento si attesterà “oltre il 3%”. Il debito intanto proseguirà un percorso di lenta riduzione fino ad attestarsi “nel 2025 al 140,9%”. La parola d’ordine è comunque “prudenza”. Perché le incognite di qui a fine anno restano tante, e il 2024 – con il ritorno delle regole del Patto di stabilità – sarà complicato per tutti. Per questo il governo presenterà domani con il primo Documento di economia e finanza firmato da Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti un quadro improntato alla cautela che, archiviato al momento il rischio recessione. La crescita sarà in ogni caso più robusta dello 0,6% previsto con la Nadef. E un deficit al 4,35%, sempre alto rispetto al fatidico 3% ma in calo rispetto alle stime precedenti. Quel 4,5% rimarrebbe però nel quadro programmatico, per iniziare a disegnare uno spazio di azione (2-3 miliardi per ora) per le scelte di politica economica che saranno adottate con la prossima manovra.
Agenzia ANSA
Entro il 13 i nomi del Mef. Poi le ratifiche delle assemblee (ANSA)
Subito dopo il varo del Def, il ministro dell’Economia volerà a Washington per la settimana degli spring meeting del Fondo Monetario internazionale. Anche la crescita globale risente delle tensioni geopolitiche, come emergerà dagli incontri primaverili della Banca Mondiale e del Fmi che mercoledì diffonderà le previsioni di primavera. L’economia mondiale – ha già anticipato il direttore generale del Fmi, Kristalina Georgieva – crescerà meno del 3% nel 2023: l’attività economica sta rallentando negli Stati Uniti e nell’area euro, dove i tassi di interesse pensano sulla domanda. E proprio la bassa crescita “rende più difficile ridurre la povertà, risanare le cicatrici della crisi del Covid e offrire nuove e migliori opportunità per tutti”. L’Italia continuerà comunque a crescere, secondo il governo, nonostante le diverse incognite legate alla guerra in Ucraina, al surriscaldamento dei prezzi al consumo trainati dai prezzi dell’energia, con le quotazioni petrolifere schizzate di recente dopo la decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione di greggio proprio per fermare la caduta delle quotazioni internazionali. Una situazione complessiva che continua a spingere le banche centrali a stringere sul costo del denaro alzando i tassi di interesse e che il Fondo monetario internazionale fotograferà in settimana con la diffusione delle previsioni di primavera che dovrebbero comunque vedere un Pil mondiale in contrazione, con una crescita complessiva del 3%. Una situazione quella della stretta sul costo del denaro che sembra ancora non allentarsi.
La conferma arriva anche da Pablo Hernandez de Cos, governatore del Banco de Espana e membro del Consiglio Bce che spiega: “La Bce continuerà ad alzare i tassi se le sue più recenti previsioni di inflazione si materializzeranno”. Questo anche se “alcune componenti dell’inflazione core” iniziano a mostrare segnali di stabilizzazione. Anche dalla Fed arrivano segnali analoghi: andrà avanti con i rialzi dei tassi. L’andamento degli swap indica che ci sono oltre l’80% di chance di un rialzo dei tassi dello 0,25% in maggio. Sulla situazione italiana un’altra tegola poterebbe complicare il percorso di crescita: il Patto di Stabilità da gennaio 2024 dovrebbe essere riattivato dopo la sospensione per la pandemia. Nonostante un’indicazione arrivata da Bruxelles di un rientro sul debito dello 0,5% annuo, la Germania spinge per un impegno doppio: l’1% all’anno. Le trattative sono in corso, insieme alla partita parallela che Roma gioca sui fondi del Pnrr, che se mal utilizzati non garantirebbero la spinta economica e un’industria, oltre le diverse criticità locali, ancora condizionata fortemente dall’andamento dei prezzi alla produzione. E un’altra incertezza si affaccia all’orizzonte: la crisi idrica potrebbe infatti colpire pesantemente la produzione agricola. Nel frattempo la Banca d’Italia certifica una situazione di lieve ripresa ad inizio anno.
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