ROMA – Il nuovo Codice degli appalti, varato in via definitiva dal Consiglio dei ministri di martedì, entrerà in vigore il prossimo primo luglio. Si tratta, per la gran parte delle oltre 200 pagine, del testo preparato dal governo Draghi, come riforma fondante del Pnrr, che ne ha affidato la stesura al presidente di sezione del Consiglio di Stato Luigi Carbone. Vediamo alcuni aspetti critici.
Cos’è la riserva di posti per giovani, donne e disabili?
La legge delega di Draghi prevedeva l’obbligo, per le stazioni appaltanti, di inserire nei bandi di gara, negli avvisi o negli inviti, “specifiche clausole sociali” per promuovere “meccanismi e strumenti anche di premialità” a favore dell’occupazione di giovani, donne, disabili o categorie svantaggiate. Queste clausole erano requisiti “necessari” dell’offerta, senza i quali l’impresa non poteva aspirare a un appalto pubblico. Il governo Meloni ha cambiato l’obbligo in facoltà: “Le stazioni appaltanti possono prevedere”, dice il testo ancora non pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Ma sul punto, anche per le critiche dell’opposizione (Pd e Iv su tutti), la discussione a Palazzo Chigi è ancora aperta.
Ma che fine fa il bollino rosa?
Il bollino rosa, la certificazione della parità di genere nelle aziende, rimane anche nel nuovo Codice degli appalti. La certificazione è stata inserita nel Codice per le pari opportunità del 2006 con la legge 162 del 2021. Si tratta di un’attestazione conforme allo standard Uni, rilasciata da organismi accreditati, che misura l’efficacia di politiche e misure concrete adottate per “ridurre il divario di genere in relazione alle opportunità di crescita in azienda, alla parità salariale e parità di mansioni, alle politiche di gestione delle differenze di genere e alla tutela della maternità”. Per la valutazione, vengono usati indicatori suddivisi in sei aree (tra cui cultura e strategia, governance, equità remunerativa per genere, tutela della genitorialità ecc.). Il bollino rosa può essere abbinato a sgravi o premialità per le aziende che ce l’hanno.
Uno dei nodi critici è la soglia sotto cui si può non fare la gara per assegnare un appalto pubblico. Come funziona?
Il nuovo Codice dispone che si può non fare la gara per tutti gli appalti pubblici al di sotto della soglia comunitaria, pari a 5.382.000 euro. Per i sindacati si tratta del 70-80% degli appalti pubblici. Per l’Anac è il 98%: quasi tutti. In particolare, per lavori fino a 150 mila euro (dai 75 mila del vecchio Codice) si può procedere in affidamento diretto. Per lavori tra 150 mila e un milione di euro si va in procedura negoziata senza bando e bastano 5 inviti ad operatori economici. Tra 1 milione e la soglia comunitaria di 5,4 milioni di euro: 15 inviti. La gara sarà dunque una via residua solo per lavori sopra i 5,4 milioni. Non ci sarà bisogno di “adeguata motivazione” per indire la gara: nel testo Draghi c’era.
Altro punto di attrito: l’appalto integrato
L’appalto integrato – in cui progettazione ed esecuzione sono in capo allo stesso soggetto – perde ogni limite. Il testo di Carbone lo limitava alle nuove grandi opere complesse (come il Brennero: intervento su ferrovia, traforo, gallerie, viadotti), sopra i 100 milioni e con l’esclusione di manutenzione ordinaria e straordinaria. Il testo rivisto dal governo Meloni lo estende anche ad opere da pochi milioni, quelle che possono essere assegnate senza gara, ma con procedura negoziata ad inviti. In passato l’appalto integrato ha prodotto il problema delle varianti e delle incompiute, alzando il costo iniziale dell’opera e diminuendo il livello di trasparenza.
La questione dei subappalti a cascata
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